Dal Medioevo al 1600

Nel lontano Medioevo Palazzo Comunale, come siamo abituati a vederlo oggi, ancora non esisteva: esso è infatti il risultato dell’accorpamento di otto edifici costruiti in diverse fasi storiche. In base ai documenti nel 1046 esisteva già sul lato orientale della piazza un Palacio urbis Mutinae, cioè il Palazzo della città, e coeva potrebbe essere la attigua Torre Civica, detta oggi Torre Mozza. La residenza del vicario imperiale, Palatium Vetus, benché separata dagli altri edifici, fu costruita nel 1194, come testimonia un’iscrizione lapidea conservata nel Museo Lapidario Estense di Modena. Presto si aggiunsero Palatium Novum, il Palazzo della Ragione o dei Notai, il Palazzo a levante dell’Arengario e il Palazzo della Spelta e infine la residenza estense, il Palazzo del Marchese costruito nel 1439. A questa fase appartengono due oggetti simbolo della città di Modena: la statua della Bonissima e la Pietra Ringadora. In età rinascimentale invece furono realizzati numerosi interventi sul fronte rivolto verso Piazza Grande: tra questi la costruzione della centrale Torre dell’orologio e la collocazione della statua raffigurante la Madonna con Bambino e San Giovannino, detta “Madonna di Piazza”, di Antonio Begarelli.

La statua della Bonissima
La Bonissima è una singolare statua situata su un modiglione infisso nell’angolo del Palazzo Comunale all’imbocco dell’antica via Castellaro. Raffigura una donna vestita in maniera semplice con un costume medievale e una lunga treccia di capelli fluenti sulla spalla. Varie ipotesi sono state formulate su di essa. La più probabile è quella che la ritiene insegna dell’Ufficio comunale della Bona Estima o delle Bollette, un tempo collocato al centro della Piazza dietro le absidi del Duomo. La tradizione vuole che la statua sia stata eretta nel Duecento in onore di una donna ricchissima di nome Bona, che in tempo di carestia avrebbe prestato alla cittadinanza cospicue somme di denaro per l’acquisto di frumento. Altri identificano invece la Bonissima con la Contessa Matilde di Canossa, che ebbe un ruolo sicuramente importante nella costruzione del duomo romanico.

La Pietra Ringadora
Si tratta di un grande masso di ammonitico veronese rosso di forma rettangolare, collocato in prossimità del porticato del Palazzo Comunale, di fronte alla scalinata d’accesso. Nel parlare comune il termine significa “pietra che arringa”: essa serviva infatti da tribuna e da pulpito agli oratori modenesi che nel medioevo, durante le adunanze popolari, parlavano ai cittadini. Nel Quattrocento aveva ormai perso da tempo la sua funzione originaria e cominciò ad essere usata quasi come pietra del disonore, come monito di dura giustizia mercantile: le cronache cittadine descrivono infatti le punizioni esemplari inflitte sulla pietra non soltanto ai debitori insolventi, ma anche a chi bestemmiava. Su questo masso venivano inoltre depositati i cadaveri di coloro che morivano annegati nei molti canali che percorrevano la città perché venissero identificati o durante la fase di ricerca dei colpevoli nel caso di sospetti omicidi.

La Torre dell’Orologio
Antico Arengario del Popolo, la torre assunse l’aspetto attuale fra la fine del XV e l’inizio del XVI secolo per dare degno alloggio al nuovo orologio di piazza e alla campana proveniente dall’adiacente Torre Mozza, lesionata dal terremoto del 1501 e successivamente demolita. In questa fase fu aggiunto il cupolino d’impianto ottagonale (1508), progettato da Bartolomeo Bonascia e sormontato da una banderuola con angelo trombettiere, e le raffinate decorazioni marmoree dei quattro ordini e delle cornici marcapiano, dovute ad Ambrogio Tagliapietra.

La “Madonna di Piazza”
La Madonna con Bambino e San Giovannino di Antonio Begarelli, conosciuta dai modenesi come “Madonna di Piazza”, deve il suo nome alla sua collocazione originaria entro una nicchia situata a fianco della torre dell’Orologio, dove fu posta nel 1528. Dal 1574 la Comunità decise di illuminarla ogni sera con due torce perché risultasse visibile ai cittadini che erano soliti rivolgersi a lei recitando un’Ave Maria. Durante la Rivoluzione Francese, il gruppo plastico fu rimosso e più volte spostato fino a trovare definitiva collocazione nel 1886 in una sala del Museo Civico, dove è esposta ancora oggi. Il materiale utilizzato dal giovane Begarelli è la terracotta, in origine dipinta di un color bianco latte che la rendeva simile al marmo e arricchita da profili dorati.